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sabato 8 febbraio 2014

Lei e il suo cielo che non c’era.


Lei e il suo cielo che non c’era. 
Chiudeva gli occhi per cercare i passi lontani, il rumore non si sentiva più nel tempo passato. 
Un letto e giochi di bimbi piccini, labbra che volgevano verso il cielo, gli echi erano gioiosi anche se non erano i suoi fratelli di sangue, ma il bene era come se lo fossero. 
Un pigiama rosa con un cielo di nuvole bianche, la casualità di alcuni disegni si mettono a fuoco dopo tempo, dopo gli eventi accaduti, i fatti successi. 
Era l’unico cielo che avesse, ed era tutto suo!  Dentro quelle nuvole aveva riposto le speranze della sua innocenza infantile. 
“Dobbiamo fare presto! Contiamo fino a tre, tutti in ginocchio e con il viso nascosto tra le mani, gli occhi chiusi, non ci siamo per nessuno!! Presto, prima che arrivi!!” era l’ordine che dava inizio al gioco, i fratelli momentanei erano più grandi di lei, erano veloci e più furbi. A lei piaceva tanto quel gioco. 
Iniziava la conta, lentamente, le risate dovevano ammutolirsi, in mezzo secondo si doveva entrare sotto le coperte e far finta di dormire. Arrivava la notte e doveva esserci il riposo dei pensieri. Il giusto riposo, non quello silenzioso e di circostanza. 
La voce arrivava dal corridoio: “ State dormendo? Arrivo a controllare e, chi non sarà sotto le coperte, prenderà una sculacciata!”. Si aspettava il rito, la luce stava accesa sino a quando non avveniva, il numero due stava per lasciare lo spazio al tre. Tre! Non si accorgeva nemmeno, la bimba, mentre lesti i compagni di giochi  si infilavano sotto le coperte. Lei rimaneva lì, con il sedere all’insù, nemmeno il tempo di realizzare che la porta si stava aprendo. La stanza si riempiva di echi, rintocchi nel cuore solo, le risate. 
Non arrivava mai la sculacciata, erano braccia che cercavano di consolare un bene mancato, lasciato, messo in disparte. Abbandonato in stand-by. 
Rideva quando baci la coprivano, soffocava di affetto vero, sincero, naturale e si poteva leggere anche negli sguardi, che fosse l’adulto o i fratelli adottivi, poco cambiava. Perché di questo si trattò. Adozione momentanea. 
I parenti fanno meno male di un centro di accoglienza momentaneo, forse. Aveva tre anni, raccoglieva il suo cielo nei palmi e lo infilava negli occhi. Solo lì, poteva averlo. Per circa due anni. 
Lei e il suo cielo che non c’era.
©Cristina Gangale


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